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Centro Pastorale Missionario della Diocesi di Roma / In diocesi  / Suor Anna Bacchion: il dialogo può contagiare.

Suor Anna Bacchion: il dialogo può contagiare.

Testimonianza per la consegna del Premio Don Andrea Santoro, Roma 26 ottobre 2019.

La mia esperienza, vissuta in due Paesi diversi, ma ambedue musulmani, in Libia nel 1976 e a Djibouti nel 2004, è stata molto positiva.

Sono entrata in questi “luoghi sacri” con tanta gioia, con tanto entusiasmo ed un grande amore.

La frase biblica che sempre mi ha guidato e mi guida tuttora è:

Gv 3,16: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, (“Dio ha tanto amato Djibouti, da inviare la sua Chiesa i suoi missionari e missionarie”).

Innanzitutto, entrando in questi due Paesi, ho considerato questo popolo il mio popolo, la mia famiglia, le mie Sorelle, i miei Fratelli. È importante per me vivere soprattutto la fratellanza che scaturisce dalla Passione profonda con Cristo e per ogni persona.

Libia, Djibouti: a questi popoli Dio mi ha inviato e mi ha invitato a consegnarmi a loro, donando vita, tenerezza e gioia.

A Djibouti, dal 2004, ho iniziato un dialogo semplice, un dialogo che si mette in silenzio per ascoltare, cercando di valorizzare il bene presente nell’ “ALTRO”, un dialogo che cerca di emanare il profumo di Cristo.

Non ho trovato difficoltà ad entrare in dialogo con i poveri dei nostri villaggi ed anche con i grandi.

Il mio popolo è un popolo che crede, che prega, che celebra le feste, che gioisce, che soffre e che spesso desidera soltanto la nostra vicinanza per condividere le loro gioie e le loro difficoltà.

Una donna mi disse: “Se mio marito, suora, pregasse di più, non sarebbe così violento con me e con i miei figli, perché la preghiera cambia il cuore”. Profondissima, è questa frase.

Un’altra mamma, incontrandomi un mattino, mi raccontò “Ho una bella notizia da comunicarti: ieri sera verso tardi, andando al negozio, incontrai 6 ragazze etiopiche, confuse, per la strada. Mi avvicinai e chiesi loro cosa cercassero a quell’ora. Mi risposero che dovevano andare a Djibouti e cercavano un mezzo di trasporto. Immaginando il pericolo che potevano incorrere di notte, le invitai tutte e sei a casa mia. Mio marito, militare, sorpreso e felice di questo atto si offrì a ritornare nella base militare per quella notte, mentre i suoi sei bambini si dettero da fare per preparare e offrire loro da mangiare e da dormire. Quella notte, mi disse la donna, ho provato tanta gioia perchè tutti i membri della mia famiglia s’impegnarono per rendere felice chi era in difficoltà.”.

Esempi come questi ne incontrai tanti anche in Libia. Spesso le giovani impiegate nel Centro dei disabili, nella loro grandi feste o vacanze, invitavano a casa loro i bambini disabili rimasti soli, perchè abbandonati dalle loro famiglie. Ho compreso che il nostro dialogo di vita deve contagiare e diffondere i valori dell’accoglienza e della tenerezza.

Questo dialogo è continuato dal 2004 al 2013, lavorando alla Caritas con i ragazzi e le ragazze di strada. Quanta gioia restare accanto a loro. Sovente i responsabili di vari dispensari si offrivano di curare gratuitamente i bambini di strada ammalati e mi dicevano: “Sono i tuoi poveri, suora, ora saranno anche i nostri poveri!” e molte volontarie si offrirono per insegnare loro a leggere, a scrivere e a svolgere altre attività al Centro Caritas.

Un altro esempio di dialogo si è verificato con un ragazzo di strada, etiopico, con grave frattura alla spalla; venne a chiedere aiuto nella missione di Ali Sabieh. Qui, nel nostro villaggio, non sempre si trovano i mezzi per interventi chirurgici. Mi rivolsi all’ufficio dei rifugiati, ma anche loro non potevano fare nulla; mi rivolsi alla polizia di frontiera essendo etiopico e chiesi il permesso di trasportarlo a Djibouti mi disse sottovoce: “Suora, non puoi fare questo passo, ma t’informo che alle sei di sera, a quell’ora non incontrerai nessuno che ti fermerà per strada.” La mia gioia fu grande e così partii. Il viaggio verso Djibouti era accompagnato dalla preghiera degli insegnanti della nostra scuola, dalla polizia di frontiera e dal responsabile dei rifugiati che per telefono mi chiedevano informazioni sul ragazzo.

Giunsi a Djibouti senza problemi. Non incontrai alcuna difficoltà. Il Direttore lo attendeva alla CARITAS pronto per portarlo all’ospedale.

Ho sperimentato in tante occasioni la bontà e la tenerezza del Signore che si mette sempre dalla parte dei poveri e mai li abbandona.

Nel 2013 è iniziata “L’Ecole pour tous”: è una scuola inclusiva destinata ai bambini disabili fisici e mentali. Questo progetto è stato ideato e realizzato dalla Chiesa di Djibouti. Ora, dopo 5 e 6 anni d’intenso lavoro, diversi bambini sono stati ammessi alla scuola primaria sia pubblica che privata. Le loro famiglie hanno compreso il significato di questa scuola. Prima i loro bambini, perchè disabili, rimanevano chiusi, nascosti nelle loro capanne, ed ora sono liberi e più sicuri di loro stessi, perché, come gli altri bambini, possono scrivere e leggere. I nostri bambini escono da questa scuola con la convinzione di sapere fare delle belle cose.

Questo programma è iniziato come un piccolo seme, ma ora si è sviluppato ed è stato adottato anche dal Governo il quale vuole estenderlo a tutte le scuole per facilitare l’inserimento dei bambini disabili nelle scuole pubbliche.

Il 25 giugno 2018 è stata emanata una Legge sui diritti delle persone disabili.

Ringraziamo il Signore che, grazie a queste piccole occasioni, ci permette di seminare amore, rispetto e valorizzare ogni persona umana.

La “Dichiarazione sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune…” che Papa Francesco e il Grande Imam hanno firmato è stata per noi tutte un grande dono di Dio che ci stimola a un cammino di comunione sicuramente fecondo con i nostri Fratelli e Sorelle musulmane.

Suor Anna Bacchion, MC