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Don Paolo Boumis: lettera da Floresta, novembre 2015

Itacuruba 4-11-2015

Carissimi amici,

torno a scrivere dopo alcune settimane, in cui abbiamo ripreso in pieno le attività pastorali.

Abbiamo vissuto, il 12 ottobre, la festa grande della Patrona del Brasile, Nossa Senhora Aparecida. Alle 7 del mattino: Messa all’aperto sulla montagna a lei dedicata (è il punto più alto della parrocchia). Molta gente e molta devozione. Alle 16,30 processione, Messa e festa della comunità Paulo Freire, che l’ha scelta come patrona. La comunità, appena 8 mesi fa, praticamente era ferma. Oggi ha organizzato una novena molto partecipata, ha costruito la chiesa (in argilla) e ha fatto una festa bellissima con circa 100 persone. Una grande vittoria! Per incoraggiarli a continuare e per ringraziarli dell’impegno ho donato loro una croce del 1700 proveniente da una chiesa romana. Fa un figurone, nella semplicità della cappellina di terra e paglia. Una Basilica Maggiore!!!

Il 12 ottobre, in Brasile, è la festa dei bambini, come da noi il Natale e la Befana. La festa della comunità si è chiusa con una sinfonia di gelati, caramelle, lecca-lecca e pop corn.

Ho anche ripreso in pieno la mia visita alle scuole della città. Passo il martedì a disposizione dei ragazzi, per chiacchierate, consigli, confessioni (qualche volta) e per parlare dei valori buoni della vita, come l’onestà, la pace, il rispetto e l’amore. Grazie alla disponibilità delle direttrici sta diventando per i ragazzi un appuntamento importante. Spesso, infatti, nella loro vita mancano figure adulte di riferimento. Soprattutto la figura paterna è molto problematica: o viene ricordata per autoritarismo e violenza o per la sua completa assenza. Avere quindi un “papà” che ascolta gratis, che asciuga le lacrime, che dà consigli utili e che conosce la loro realtà, è una cosa nuova, importante e preziosa per questa moltitudine di ragazzi. Pensate che il 56 % dei miei parrocchiani ha meno di 18 anni. La mia preoccupazione più grande sono, per questo, i bambini e i ragazzi. Cosa sarà di loro tra qualche anno, quando termineranno le scuole? Qui non c’è lavoro se non l’impiego pubblico sottopagato. Non c’è agricoltura sufficiente, né pesca che non sia solo di sopravvivenza…

Per il momento cerco almeno di dare loro sicurezza e fiducia nella vita. Il tasso di suicidio giovanile e di tentativi più o meno riusciti è il più alto del Brasile. Circa venti volte più della media nazionale. È un problema serissimo, che si risolve solo con molto ascolto, molta attenzione, molta tenerezza…

Abbiamo anche fatto una grande caccia al tesoro la mattina dei Santi, per i bambini della catechesi: le catechiste, specialmente quelle meno giovani, si sono messe in gioco, correndo per la città alla ricerca delle buste con le domande e hanno contribuito ad una festa molto simpatica e partecipata (circa 60 bambini). Tutto questo sforzo serve a far capire che la fede entra nella vita come qualcosa di bello e importante, che alimenta una vita migliore e ci fa stare insieme in un modo diverso. A questo scopo, ho pensato di puntare, il prossimo anno, sulla presenza degli ospiti che verranno da Roma, per animare questa realtà. Potremmo organizzare un Oratorio estivo, o qualcosa di simile. Abbiamo la proposta di un gruppo scout di fare da noi la route di servizio e la previsione di un nuovo viaggio organizzato dal Centro Missionario Diocesano. Le idee non mancano!

Sul fronte sociale, stiamo aiutando alcune comunità ad impiantare attività lavorative: produzione di articoli in terracotta e agricoltura familiare. Con l’aiuto della Parrocchia di San Policarpo, abbiamo iniziato la costruzione di un pozzo per un villaggio, completo di mulino a vento e deposito, per avere acqua sufficiente per gli orti familiari. Altre comunità stanno ricevendo aiuti per assicurarsi un sostentamento autonomo (una pompa d’acqua, una recinzione per gli animali etc.).

Ma la cosa che mi colpisce di più è il clima di fiducia che queste persone hanno verso di me e verso la parrocchia: un villaggio che da anni è stato umiliato e dimenticato dalle autorità pubbliche, con le continue visite e le attenzioni che abbiamo iniziato ad avere, ha rialzato la testa: hanno ottenuto progetti agricoli federali, acqua domestica per casa. Durante la messa mi hanno detto con una tenerezza commovente: “Tu sei come un padre per noi. Vai a parlare con il sindaco che ci umilia sempre e non ci ascolta, perché faccia il suo dovere… aiutaci, tu che puoi!”

Per me è stata una frustata nella coscienza: quanto posso fare per loro, semplicemente stando qui con loro? Mi sono messo all’opera, ho chiamato il sindaco. In poche ore il problema è stato risolto. La fiducia è ritornata. L’allegria ha prevalso sull’umiliazione. Il Signore fa cose grandi per i suoi piccoli.

Abbiamo anche ricevuto un camioncino di alimenti per le famiglie in difficoltà, senza lavoro o vittime della siccità. Continua a non piovere (sono ormai 4 anni….): tutto sta seccando. Anche la speranza…. Allora siamo andati a portare queste ceste della spesa a 50 famiglie, che hanno potuto dare un poco di sicurezza ai loro figli. Siamo anche in questa emergenza, ma grazie a Dio ci sono persone generose (fra tutti il medico condotto del paese) che ci pensano e ci aiutano.

Ultima attenzione (in termini di tempo ma non di importanza): i malati della città. Abbiamo accompagnato una giovane mamma trentenne nel momento peggiore del suo tumore ai polmoni. Abbiamo pregato per lei, in casa e in chiesa, le abbiamo portato i sacramenti, ed ora si è rialzata e sta sperando e lottando di nuovo. Basta così poco…

Infine, come saprete, ho passato una settimana a Roma per i 90 anni della mia mamma. Una grande festa, meritata e bellissima. Poi sono tornato qui, completando il mio primo anno a Floresta.

L’anno che verrà… caro amico, ti scrivo, sarà ancora più bello. Ne sono certo.

 

Un abbraccio a tutti.

Don Paolo