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È necessario sognare per …

Alcune considerazioni sulla missione educativa nella Repubblica Centrafricana, di suor Paola Gabrieli.

Ci stiamo preparando a vivere come cristiani il periodo liturgico del Natale: l’incarnazione di Gesù, Figlio di Dio, ci rende tutti annunciatori della Buona Novella. Dio si è fatto uomo per renderci partecipi della Vita di Dio, fonte di ogni bene. Tutto il bene che possiamo pensare, dire e fare ha inizio in Lui e diviene bene per il prossimo e gloria di Dio.

E’ in questa ottica che condivido la comunicazione tra me e Yvon Le-Roy, rappresentante de Apprenti d’Auteil de Paris, fondazione cattolica che educa e forma più di 14 000 giovani in difficoltà, per permettere loro d’inserirsi nella società come adulti liberi e responsabili. Un’azione che si svolge a livello internazionale.

Già in passato abbiamo avuto modo di collaborare a favore dei ragazzi di strada in Centrafrica attraverso un lavoro in rete tra le istituzioni che si prendono cura di tali giovani e degli OEV (orfani e bambini vulnerabili). Ora, anche Yvon è al corrente della situazione drammatica che stiamo vivendo in R.C.A. e mi ha interpellata attraverso un’email per chiedermi di trasmettere delle ragioni valide per riattivare l’attenzione della sua fondazione sui giovani del Centrafrica nelle condizioni attuali.

Yvon mi scrive dal Senegal, un paese del cosiddetto “terzo mondo”, ma più evoluto del nostro. Gli faccio notare che è più facile lavorare un terreno dissodato, mentre il nostro è un terreno arido, a tratti argilloso, a tratti calcareo, però, anche se richiede più fatica e pazienza, è sempre possibile coltivarlo.

S’intende che il terreno è una similitudine per parlare dei nostri ragazzi. Allora come coltivare? Come e perché educare? Prendiamo in considerazione la frase storica di Nelson Mandela: “L’educazione è il più grande motore dello sviluppo personale. E’ grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione.” Questa frase è il frutto dell’esperienza personale di Mandela. E ciò che ha detto non può succedere soltanto nell’Africa del Sud ma anche in Centrafrica.

Sì è possibile, ma due aspetti m’interpellano sia come educatrice europea e sia come membro del REFERC (Rete in favore dei ragazzi di strada in Centrafrica): l’assenza di un senso critico della storia di ogni giorno negli adulti e la mancanza dei desideri nei ragazzi.

Infatti i centrafricani davanti alle ingiustizie che subiscono nel quotidiano non si mobilizzano per la denuncia perché si scontrano con l’inettitudine del sistema e la paura. La protesta può costare cara. Possono rimetterci la vita se si esprimono contro il governo. Questo terrore “taglia le gambe” anche a semplici denunce legittime contro gli organismi umanitari che sbandierano i diritti dei bambini e dell’uomo, ma che di fatto realizzano ben poco a favore dei più diseredati mentre gran parte dei finanziamenti va a consolidare il loro benessere.

Ritorno all’educazione, mi sono sempre domandata perché il metodo di studio adottato dagli studenti centrafricani sia basato soprattutto sulla memoria. Oggi trovo una risposta: la visione critica della grande storia e della storia quotidiana è assente.

Sul biglietto d’auguri del Natale 2002 della Voix du Cœur (Centro d’accoglienza dei ragazzi di strada di Bangui) trovo questa frase significativa che esprime una mentalità corrente : ”Se un bambino vive nella critica egli apprende a condannare”. Tutti sono a conoscenza che esiste critica e critica: esiste anche la critica costruttiva, che aiuta a discernere il vero dal falso, la giustizia dall’ingiustizia, il bene dal male …

La capacità critica sviluppa nella maturità umana molte possibilità di rapporti, di relazioni, dal contesto familiare a quello socio-politico, in cui si creano scambi reciproci, obiettivi e interattivi, non a senso unico e non in maniera acritica.

Ci sono conseguenze anche nelle azioni più semplici di ogni giorno: il nostro giardiniere e portinaio è privo d’iniziativa, dobbiamo sempre suggerirgli cosa deve fare. Se ai bambini chiediamo di fare un disegno libero, ti domandano il righello perché non hanno creatività.

Rispetto alla seconda osservazione sulla mancanza di desiderio mi piace pensare a Mandela, Lumumba, (uomo politico congolese, autore della liberazione del suo paese dai colonizzatori), Ghandi, come Gesù Cristo sono stati dei grandi sognatori e hanno avuto grandi ideali che li hanno incoraggiati ad andare contro corrente. Certo, tutti sappiamo il prezzo che hanno dovuto pagare ma sono stati artefici di grandi svolte nella loro storia, che hanno cambiato il destino dei loro rispettivi popoli.

All’inizio della mia missione ricordo quando ho domandato ad ogni bambino: “Hai tu un sogno, un desiderio?” La maggior parte di loro non ne aveva. Mi è rimasta impressa la risposta di un ragazzino di strada, Benjamin, che è stato inviato da noi dalla Voix du Cœur: “Io sogno di mangiare un piatto di spaghetti con il fegato”. (Benjamin ora è già morto, a 18 anni, investito da un’automobile).

Alla luce di queste mie esperienze nel campo educativo ho detto ad Yvon che è importante aiutare questi ragazzi della strada e questi orfanelli e ragazzini in difficoltà del Centrafrica per far loro ritrovare la gioia di sognare per questi seguenti motivi:

– per trasformare questi mendicanti “mu na mbi” (dammi) affamati dell’immediato in giovani capaci di avere prospettive future;

– per liberare i pensieri di questi giovani spaventati che sacrificano la verità per aprire la bocca soltanto per proferire menzogne;

– per suscitare in questi giovani la sete di cercare vie per il bene comune e non per interessi egoistici.

Non abbiamo bisogno di teorie ma di azioni concrete per l’educazione e la formazione dei bambini, dei giovani e dei loro formatori.

Yvon mi ha risposto che ha trasmesso il mio messaggio alla sua fondazione e che vedranno se, affiancandoci sul terreno, possono partecipare in modo utile affinché i giovani centrafricani in generale e i giovani della strada in particolare possano sognare.

Sognare: è il desiderio che portiamo vivo nel cuore a farci ascoltare gli interrogativi forti, per cercare con tutte le energie le risposte a quello che desideriamo di più vero nella vita. Se questo era necessario prima della guerra, tanto più ora che assistiamo a delle atrocità inumane.