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Jay Nepal! Forza Nepal!

Cari Amici,

io mi sento devastato dall’enormità dei problemi cui ci troviamo davanti. Mezzo milione di case distrutte. Una popolazione allo stremo. Una devastazione tanto fisica quanto psicologica. Una lotta contro il tempo, contro il senso di impotenza di fronte a ciò a cui stiamo assistendo per affermare che sì, si possono aiutare delle persone, si possono salvare delle vita! Ma avvertiamo una grande di solitudine, quasi un senso di abbandono per la mancanza di un sostegno reale da parte dell’occidente, pronto a mobilitarsi quando qualcosa fa notizia e a spegnere i riflettori un attimo dopo, quando cala l’audience. Eppure oggi giorno, grazie anche ad internet, siamo tutti più vicini e non possiamo dire “io non lo sapevo”. Ricordo di aver letto spesso -in tema di alimentazione- che “noi siamo quello che mangiamo”. Ma se il nostro corpo fisico si conforma a ciò che mangiamo, il nostro io interiore prende le sembianze di ciò che facciamo.. E noi ci caliamo talmente tanto nel nostro fare quotidiano da non avere più il tempo per ascoltare la natura umana del nostro essere. Allora non riusciamo più a comprendere fino in fondo il grido di chi ci chiama e ci chiede aiuto. Quel bimbo che ha perso la famiglia nel terremoto ti sta chiamando, ti parla in tv, attraverso un giornale, vedi la sua foto su internet… Tu avverti quel dolore per un istante, pensi che non sia giusto e ti commuovi.. Ma poi la routine quotidiana si riprende quello slancio di umanità, il giorno è pieno di cose da fare e giri subito pagina. Ma il mio non vuole essere un giudizio nei confronti dell’occidente, da cui provengo e a cui appartengo, solo una constatazione dei fatti che mi fa pensare che siamo tutti delle vittime: voi li e i terremotati qui. In occidente c’è un prodotto di cui siamo estremamente poveri ed è la felicità interiore. Ore, giorni, mesi e anni passati a rincorrere obiettivi che la vita si incaricherà di dimostrare futili. Oggi hai la possibilità di prenderti sulle spalle un po’ di dolore delle persone che stanno soffrendo qui, che sono tuo figlio, tuo padre e tua madre, tuo fratello, tuo marito e tua moglie, il tuo migliore amico. E far bene a loro farà bene a te stesso, per questo dico, non aver paura di guardare il dolore, entraci dentro e ne uscirai meno solo e più felice! In queste settimane ci stiamo dedicando ad un lavoro che non abbiamo mai fatto, mettere in sicurezza delle case pericolanti. Ma obiettivamente, quante ne possiamo fare da soli? Dieci forse cento. Qui parliamo di oltre 400,000 case pericolanti e pericolose per la popolazione. E allora ti senti solo, ti domandi dove sono i nostri geologi, gli ingegneri, le squadre di soccorso specializzate delle nostre protezioni civili.. Quanto sarebbe utile andare in ogni distretto, in ogni quartiere e in ogni villaggio con dei veri esperti, fare delle riunioni con la popolazione, spiegargli cos’è il terremoto, cosa sta succedendo, come mettersi in salvo di fronte a nuove scosse, cosa fare con le case pericolanti, parlare di sanità e spiegare dove posizionare l’acqua di scorta.. Portare viveri serve per far fronte all’emergenza umanitaria, noi lo facciamo; ma il riso che porteremo presto o tardi terminerà. Solo se porteremo “conoscenza” potremo dire di aver fatto qualcosa che resterà per sempre. Amici miei, qui non c’è nessuno e non c’è proprio niente di quello che leggete sui giornali. Ci sono solo decine di volontari che fanno il possibile e che come noi si sentono tremendamente soli e impotenti. Ho lasciato una situazione personale molto difficile per venire qui, abbandonato la mia azienda in tempo di crisi e i miei genitori che hanno bisogno di cure, ma non smetterò di fare di tutto ciò che è possibile per questo popolo che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi ha aiutato a fare la cosa più preziosa della mia vita: sentirmi un essere umano, un piccolo uomo che fa parte di una grande famiglia, l’umanità.

Alberto Luzzi (associazione Jay Nepal)