Alienum phaedrum torquatos nec eu, vis detraxit periculis ex, nihil expetendis in mei. Mei an pericula euripidis, hinc partem.

Blog

Centro Pastorale Missionario della Diocesi di Roma / Testimonianze  / P. Kizito Sesana: “Ho udito il suo grido”

P. Kizito Sesana: “Ho udito il suo grido”

Testimonianza di P. Kizito Sesana, missionario comboniano, per la Veglia missionaria diocesana di Roma. Basilica di San Giovanni in Laterano, 31 ottobre 2019

Sono andato la prima volta in Africa come missionario nel 1971. Sono quindi quasi 50 anni che cerco Dio mentre lo annuncio, che propongo la Sua salvezza mentre Lui mi salva, che parlo del Suo amore mentre Lui mi ama. Dio col Suo Spirito è sempre là davanti inafferrabile attrazione, eppur presente e vivo. Eccome presente! L’ho incontrato dovunque, nell’Africa che è stato il mio mondo, là dove la gente soffriva per la carestia, la guerra, per lo sfruttamento e le devastazioni di ogni tipo così come dove si celebrava la gioia della vita, del nuovo raccolto, di un nuovo figlio, di un nuovo successo. Sempre l’ho trovato nel cuore delle persone.

Se dovessi riassumere il senso del mio cammino mi verrebbero in mente poche immagini. Volti, persone. Sono loro che mi hanno fatto capire, che hanno dato forza ad ogni mio passo. Che mi hanno sussurrato o gridato la loro ricerca di Dio.

A Lusaka, in Zambia, ricordo una ragazzina quindicenne che sapevo essere orfana di entrambi i genitori sin da quando aveva solo tre anni. In quei tempi il paese era devastato dell’AIDS, che aveva portato via anche i suoi genitori, ma lei aveva avuto la fortuna di essere cresciuta da una buona famiglia del vicinato. Le chiedo: “Qual è il tuo sogno?” Prima mi risponde sicura “Avere una macchina da cucire per avere un lavoro indipendente”. Poi fa silenzio, un’ombra le scende sul volto, si accorge di avere un sogno più profondo e più vero, e sussurra: “Il mio sogno vero è tornare piccola nelle braccia di mia mamma” Non è vero che noi cerchiamo le cose, è un inganno che ci fanno credere per venderci i loro prodotti. Cerchiamo le persone e le persone che ci possono dare amore.

In Sudan, sui Monti Nuba, nel pieno della guerra civile. Una regione a maggioranza musulmana che si ribella contro un governo musulmano fondamentalista. Mi alzo prima dell’alba, vado a pregare a pochi passi dalla capanna tradizionale dove ho trascorso la notte. Silenzio assoluto. Il paesaggio si illumina con i primi raggi di sole, è un maestoso alternarsi di colline rocciose e di valli dove sta maturando il sorgo. Poi lontano incominciano a risuonare colpi di bazooka. So che laggiù nella valle c’è una guarnigione governativa assediata dai ribelli. Il giovane vestito di stracci ma armato fino ai denti che i ribelli hanno messo a sorvegliare sulla mia sicurezza, quando si accorge che non prego ma scruto preoccupato i bagliori della battaglia, osa disturbarmi, si avvicina e mi dice “Abuna, (padre), prega anche per me. Io non so pregare, adoro Dio nella terra che ho ereditato dai miei antenati. Tu che sai pregare, parlagli anche di me”. Come mi sento piccolo e indegno! Dio c’è, ed è nel cuore delle persone, anche nelle situazioni più difficili e di violenza.

In Kenya, tre anni fa, sono con Jack un giovane uomo kenyano che è stato bambino di strada e che oggi si dedica a salvare altri bambini con passione, come se tutti i bambini di strada di Nairobi, che sono diverse decine di migliaia, fossero suoi figli. Kevin è un ragazzino di 12 anni e ci racconta con fare distaccato della sua vita “Non ho conosciuto i miei genitori, ho mangiato dai rifiuti, mi son vestito coi rifiuti, sono puzzolente perché dormo anche nella spazzatura per tenermi caldo, ho rubato e mi sono drogato. Sono stato picchiato brutalmente dalla gente e dalla polizia per aver rubato per mangiare…” Poi si interrompe e scoppia a piangere. Infine dopo qualche minuto di pianto irrefrenabile, quando riesce a controllarsi, fra i singhiozzi riesce a dire “Ho vissuto come un animale, Ma IO NON SONO UN ANIMALE.” Lo ripete tre volte, aggrappandosi al mio braccio, un grido che tutti i circostanti possono sentire. Un grido di affermazione della propria dignità. Lo abbraccio e gli chiedo, “Kevin, cosa ti ha fatto capire di non essere un animale?” Lui indica Jack e dice “perché lui mi vuol bene”.

Lui mi vuol bene. Capite? È l’amore che riceviamo e che doniamo che ci salva. Lì c’è tutto il Vangelo.

Missione è dare testimonianza che questo amore c’è e riconoscerlo quando lo incontriamo. È ascoltare il grido delle persone. È offrire la vita, l’acqua viva che nasce dal Vangelo, che scaturisce dal cuore di Cristo trafitto. Un’acqua che non posseggo, e che mi travolge, mi porta lontano, anche là dove io ho paura di andare.

Essere missionari è, da discepoli, comunicare la vita che il Maestro ci ha dato, la vita vera, piena, vivificata dal suo Spirito, la forza vitale che proviene da Dio ed è la vita stessa di Dio. Una vita che ci riempie di gioia e di forza sempre, che ci fa guardare a tutti nel riconoscimento della comune umanità. Che non umilia la persona che la riceve, ma diventa sorgente di nuova vita e di nuovi sorrisi. Che ci dà occhi nuovi, capaci di vedere il bello e l’amore anche là dove gli altri vedono solo brutture e odio.

Padre Kizito