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Centro Pastorale Missionario della Diocesi di Roma / Dal mondo  / Lettera da Floresta Marzo 2015

Lettera da Floresta Marzo 2015

Carissimi amici,

vi scrivo nel bel mezzo della prima visita di Dom Gabriel, il nostro vescovo, alla nostra parrocchia. In questa settimana sta con noi, incontrando la gente della città e celebrando soprattutto nelle comunità più povere e lontane dal centro.

L’esperienza che stiamo vivendo insieme è molto bella a piena di significati. La maggior parte dei nostri villaggi, infatti, non ha mai avuto, in questi anni una vera esperienza di chiesa. In molti casi, addirittura, non si è mai celebrata una messa e troviamo moltissime persone adulte che non hanno mai ricevuto nemmeno il Battesimo.

La storia di questa gente è molto tormentata, dalle periodiche terribili siccità, dall’abbandono della politica e dall’ignoranza in cui è stata tenuta per secoli. Sembra incredibile, eppure è bastata una prima visita, fatta con un poco di amore e di disponibilità, per aprire le porte a nuovi cammini di vita e di fede. Sono appena rientrato da una comunità che per dieci anni non ha mai visto un prete, una suora o un qualunque segno della presenza della chiesa. Dopo la mia prima visita hanno iniziato subito a costruire una chiesetta di fango e paglia e oggi l’abbiamo inaugurata, con un clima di commozione e gioia profonda. È la gioia di un piccolo popolo che ricomincia il suo cammino, con una voglia matta di imparare e vivere la fede.

Uno spettacolo bellissimo.

Dio sta riempiendo di segni questi miei primi mesi a Itacuruba. Nel pomeriggio abbiamo visitato un’altra comunità, molto provata dalle devastazioni provocate dalla costruzione delle dighe di Itaparica, che hanno inondato la vecchia città e numerosi villaggi, portandosi via storie centenarie di famiglie, comunità, religiosità e tradizioni.

Li ho sentiti addolorati e dispersi: nonostante siano già venticinque anni che hanno traslocato, ancora non trovano un cammino vero, che dia senso alla vita. Vivono l’inedia dell’assistenzialismo statale, senza più guardare avanti. Ma oggi, con la promessa che sarei tornato presto a trovarli, ho visto nei loro occhi riaccendersi la speranza e la voglia di vivere.

Anche loro sono stati dimenticati da tutti, in questi decenni: dallo stato e dalla chiesa, che mai ha dedicato loro tempo e amore. Il risultato però, quasi miracoloso, è che invece di abbandonare tutto, al contrario sono effervescenti di volontà e entusiasmo. Anche qui è bastata una, dico una sola visita, per riaccendere la speranza.

Quanto è vero quello che dice Papa Francesco: la chiesa se non esce dai suoi muri, si ammala. Qui è vero anche il contrario: la chiesa, che esce e visita, cura chi è malato!

Carissimi: vorrei farvi spettatori dell’opera di Dio fra questa gente. Regalatevi delle vacanze alternative e venite a trovarci! La casa parrocchiale, ora ripulita e riorganizzata, è grande e accogliente. Pensateci!

A fine Giugno sarò a Roma, per visitare la mia famiglia. Avremo modo di vederci.

Vi auguro una Santa Pasqua nel Signore, e vi abbraccio tutti.

Don Paolo